Marco Pantani: come ha vissuto il campione del ciclismo?

Molti si domandano spesso: com’è morto Pantani? Noi di SportGang vogliamo invece raccontare un’altra storia: la storia della sua vita!

Un pezzo musicale del gruppo bolognese gli Stadio ,dedicato a Marco Pantani, recita le seguenti parole: 

”Mi rialzo sui pedali ricomincio la fatica
Poi abbraccio i miei gregari passo in cima alla salita
Perché quelli come noi hanno voglia di sognare
E io dal passo del Pordoi chiudo gli occhi e vedo il mare”.

In queste poche righe si racchiude l’essenza di Pantani, considerato da molti come uno dei più forti scalatori di tutti i tempi.
Una persona che la fatica l’ha conosciuta fin dall’inizio della propria esperienza col ciclismo e che ha visto il procedere della propria vita, sempre con la fatica a braccetto.

Agli esordi, durante un allenamento nel 1986, perse la concentrazione e si schiantò contro un camion, finendo in coma per un giorno.
Si “rialzò sui pedali” subito dopo essersi rimesso ma la“fatica” in quel periodo non era ancora finita.
Sempre durante una sessione d’allenamento in quell’anno, durante una discesa si impigliò con un’automobile, finendo nuovamente in ospedale, con varie fratture.

“Perchè quelli come noi hanno voglia di sognare”.
Quando hai un sogno e segui ciò che realmente ami fare nessun incidente o nessuna forza esterna è in grado di farti desistere: Marco tornò ad allenarsi!

Tutta la fatica, tutti i sacrifici e tutte le rinunce presero forma con la vittoria al Giro d’Italia dilettanti del 1992: il primo importante trionfo sportivo per il giovane pirata.

1993: l’approdo nel ciclismo dei grandi!

In quell’anno, Marco approdò nel mondo del professionismo e partecipò al primo Giro d’Italia nella massima categoria.
In diciottesima posizione, si ritirò a poche tappe dalla fine per una tendinite e non riuscì a concludere la prima esperienza.

L’anno successivo verrà ricordato come l’anno dell’esplosione sportiva per il pirata del ciclismo.
Combinando la propria abilità per le scalate con una massiccia dose di coraggio in manovre da capogiro in discesa, il 4 giugno del 1994, vinse la sua prima tappa del Giro d’Italia: il tracciato Lienz-Merano.

Un postulato recita che se un evento è accaduto una volta, è probabile che quel determinato evento si verifichi nuovamente.
Non tradendo quanto appena detto, il 5 giugno del 1994 nella tappa Merano-Aprica, Pantani con un’incredibile prestazione, concluse quel tracciato al primo posto con vari minuti di vantaggio sui propri inseguitori.
Le sue incredibili prestazioni e la sua voglia di sognare e di soffrire, gli permisero di chiudere quel giro d’Italia al secondo posto, lasciando tutta la scena del ciclismo professionistico senza parole.

Venne così il momento di scendere in strada per il Tour De France, nel mese di luglio del 1994.
L’inizio non fu dei migliori: durante le prime tappe del Tour, una serie di cadute fece sì che il pirata sprofondasse nelle posizioni basse della classifica, allontanandosi dalla testa del gruppo.

Nonostante lo sconforto, nonostante la fatica, Marco non si diede per vinto!
Lottò alla sua maniera: scalando salita dopo salita.
Con un incredibile cuore, riuscì a concludere il Tour De France al terzo posto, a 7 minuti dal vincitore e al secondo posto nella classifica scalatori.
In quella edizione conquistò la maglia bianca: il riconoscimento per il miglior giovane del Tour.

1995: la vita è ciò che ti accade mentre fai altri progetti

L’obiettivo principale della stagione era uno e soltanto uno: il Giro d’Italia.

John Lennon, nella propria canzone “Beautiful Boy” cantava :”Life is what happens to you/While you’re busy making other plans”.
Tradotto dall’inglese significa :”La vita è ciò che ti accade mentra fai altri progetti”.

Durante una sessione di allenamento primaverile, Marco si scontrò nuovamente con un’automobile, finendo in ospedale.
La preparazione e la partecipazione al giro d’Italia diventarono impossibili.
Si rimise appena possibile ai pedali, spostando l’obiettivo stagionale sul Tour De France.
Per arrivare preparato alla gara francese, decise di partecipare al giro di Svizzera.

Qui si presentò in gara coi capelli rasati e con un orecchino: nacquero così il soprannome e la leggenda del pirata.
Nonostante i tentativi di recuperare la forma, arrivò al Tour De France con problemi al ginocchio e con una preparazione non all’altezza per competere a grandi livelli; o almeno così si pensò.

Il 12 luglio del 1995, vinse la tappa Sull’Alpe d’Huez al Tour De France,  staccando gli inseguitori di un minuto e subito dopo, il 16 luglio, vinse anche la tappa sui Pirenei.
Non fu comunque sufficiente a garantire a Marco Pantani la vittoria del Tour o un posto di prestigio sul podio.

Tuttavia, per il secondo anno di seguito, nonostante il terribile infortunio, conquistò nuovamente la maglia bianca.

Un finale di stagione amaro

Dal 4 al 8 ottobre del 1995 , in Colombia, si disputò il Campionato mondiale di ciclismo su strada.
Qui il pirata vestì i colori della nazionale, chiudendo al terzo posto e conquistando una medaglia di bronzo.

Tutto sembrava dire in quel periodo che Marco Pantani, nonostante la sfortuna di tutti gli incidenti e delle avversità incontrate “per strada”, si stava avviando verso quella che poteva dirsi con certezza una carriera di spessore e ricca di successi.
Ancora una volta invece, la sfortuna e l’imprevedibilità della vita misero i bastoni tra le ruote di Marco.

Rientrato dal Campionato del mondo, durante una sessione di allenamento con altri ciclisti, il 18 di ottobre fu investito, assieme ai propri compagni, da un fuoristrada.

Finì nuovamente in ospedale: frattura della tibia e del perone.
Se di per sé la situazione era già triste,notizie ancora peggiori non tardarono ad arrivare: per Marco Pantani  si presentò il rischio di interrompere prematuramente la carriera agonistica a causa dell’infortunio.

“Avrei voluto essere battuto dagli avversari, invece ancora una volta mi ha sconfitto la sfortuna”

Passarono 5 mesi e 5 giorni e lo spettro del ritiro anticipato sembrava fortunatamente un cattivo ricordo del passato.

Marco, dopo questo lungo periodo di degenza, risalì in sella alla bici e ricominciò ad allenarsi.Il 1996 fu un anno di recupero: partecipò ad una decina  di competizioni in vista della stagione successiva.
Arrivò il 1997 e con esso anche le ambizioni di conseguire un piazzamento di rilievo al Giro d’Italia.
Durante la discesa al valico di Chiunzi, la sfortuna, senza nessuna pietà, colpì nuovamente il pirata.

Un gatto gli tagliò la strada, facendolo finire contro un gruppo roccioso. Riuscì comunque a recuperare la bici ed a terminare la tappa.
Dovette abbandonare il Giro d’Italia.

Partecipò al Tour de France, classificandosi al terzo posto e scuotendo il cuore di tutti i suoi tifosi.
Il momento esatto in cui riuscì a far vibrare il cuore dei propri tifosi fu quando nella tappa di Courchevel, ebbe problemi respiratori dovuti ad una bronchite.
Dopo aver tagliato il traguardo, era ad un passo dal ritiro.
Il giorno seguente non volle sentire ragioni: nonostante il dolore, la fatica e le condizioni fisiche, decise di salire ugualmente su quei pedali per concludere la corsa, a qualunque costo.

Pura emozione sportiva!

1998: tutto arriva per chi sa aspettare

Arrivò il 1998 e Marco si presentò alla scena del ciclismo internazionale in splendida forma.
L’obiettivo della stagione era lo stesso di sempre: vestire la maglia rosa e chiudere in testa la classifica del Giro d’Italia.

La strategia che volle adottare il pirata fu aggressiva: attaccare nei punti in cui il tracciato presentava una considerevole pendenza, in modo da esaltare le proprie caratteristiche e non accumulare un eccessivo ritardo alla testa della classifica.
Nonostante la strategia di Marco impuntata su una guida piuttosto aggressiva, i risultati in un primo momento non furono esaltanti.

Passarano le tappe e si arrivò ad un punto cruciale: o Marco compiva un miracolo nelle ultime tappe ribaltando la classifica o anche quell’anno il sogno di vincere il giro d’Italia sarebbe svanito.
In occasione della frazione di Selva di Val Gardena,il 2 giugno, il pirata mise in atto un’incredibile fuga che gli valse la prima maglia rosa in carriera!

Con un’incredibile prova nella tappa finale Mendrisio-Lugano, Marco Pantani riuscì a mantenere la maglia rosa ed a coronare il proprio sogno: vinse il Giro d’Italia.
Conquistò inoltre la maglia verde per aver primeggiato nella classifica degli scalatori.

Visto il grande successo ottenuto nel Giro, Marco decise inizialmente di non partecipare al tour di Francia e di godersi i frutti del proprio duro lavoro.
A 2 settimane dal Tour, decise di partecipare alla competizione per onorare la scomparsa del proprio mentore sportivo Luciano Pezzi.

Le prime tappe del Tour risultarono particolarmente difficili per il pirata che aveva completamente interrotto gli allenamenti dopo il successo al Giro d’Italia. Pian piano che le tappe del Tour de France passarono, il pirata recuperò la miglior forma fisica.

 A 50 km dal traguardo, arrivò la svolta per il Tour. Nonostante le condizioni atmosferiche dure e nonostante il freddo pungente, Marco diede una scossa alla gara cambiando passo.
Sul Col du Galibier, cominciò l’attacco alla leadership della classifica: Marco Pantani vinse la tappa e arrivò in solitaria al traguardo, staccando tutti gli inseguitori.

La vittoria di quella tappa garantì a Pantani di vestire la prima maglia gialla della propria carriera.
Galvanizzato da questa conquista, Marco difese fino all’ultima tappa la maglia gialla e conquistò così il primo Tour de France della propria carriera.

Dopo tutti quegli incidenti, dopo tutti quei sacrifici, dopo tutta quella indicibile fatica il momento per Marco era finalmente arrivato: gli obiettivi che tanto aveva rincorso erano finalmente li con lui.

La fine della nostra storia

Era il momento di massimo splendore per Marco e di massima felicità sportiva.
Ed è proprio qui che si interrompe la nostra storia.
L’anno successivo, il 1999, sarà ricordato per essere l’anno in cui Marco Pantani venne squalificato al giro d’Italia per aver fallito il test dell’ematocrito (risultò avere il valore dei globuli rossi pari al 51.8% contro i valori massimi concessi del 50%).

A seguito di quella triste vicenda per Marco, se ne sono verificate molte altre che lo hanno accompagnato fino alle misteriose circostanze della morte.
Non vogliamo assolutamente entrare nel merito di nessun dibattito o di nessuna teoria nata nel corso degli anni.

Noi di SportGang lo vogliamo ricordare così, come una persona che dello sport ha fatto una ragione di vita e che tutto ha dato allo sport che ha amato, anche quando in cambio da quest’ultimo non ha ricevuto nulla indietro.

Vogliamo ricordarlo in piedi sui pedali sul passo del Pordoi.
Vogliamo ricordarlo come una persona che non si è mai arresa alla fatica.

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