Michael Gerard Tyson, conosciuto anche come “Iron Mike”, è stato inserito da the Ring (rivista statunitense specializzata nel settore) al primo posto nella classifica del “più grandi picchiatori” dei pesi massimi.
Viene riconosciuto da molti esperti del settore come uno dei migliori pesi massimi che abbia mai messo piede su un ring: veloce, con una forza micidiale ed una ferocia senza eguali.
Grazie a quest’ultima deriva la sua reputazione di “The Baddest Man on the Planet“: l’uomo più cattivo del pianeta!
Al culmine della sua carriera, deteneva le cinture WBC, WBA, e IBF. Praticamente il titolo di campione dei pesi massimi delle principali organizzazioni internazionali di pugilato.
In quel periodo di “massimo splendore” sportivo, sembrerebbe che tutta la vita di Tyson sia un’inarrestabile ascesa verso l’olimpo del successo sportivo e personale mentre la realtà era totalmente diversa.
A cavallo degli anni 90, molte faccende attanagliano la vita personale e pubblica di Mike: il divorzio con l’attrice Robin Givens, i continui litigi contrattuali tra il manager Bill Cayton ed il promoter Don King ed i problemi nel gestire la fama e la ricchezza accumulate.
Oltre a tutto ciò, rimaneva sul “piatto” l’incontro da disputare con l’imbattuto e primo sfidante al titolo Evander Holyfield.
Per combattere i turbamenti che si erano formati nella vita di Tyson, venne organizzato un match ritenuti da tutti un allenamento in vista dell’incontro con Holyfield: Mike Tyson vs. Buster Douglas.
Buster Douglas
James “Buster” Douglas, era un pugile che faceva parte della categoria dei pesi massimi. Al contrario di Tyson, la carriera di Douglas, non fu un percorso longilineo e costante ma anzi, fu un susseguirsi di alti e di bassi, di successi ed insuccessi.
Fin dal principio della sua carriera, fu chiaro che a fronte di potenzialità interessanti e talento indiscutibile, Buster Douglas non dava l’impressione di possedere la determinazione necessaria per arrivare ai vertici. Una scarsa propensione agli allenamenti e al sacrificio lo condussero ad una prima parte di carriera altalenante, contraddistinta da alcune sconfitte contro pugili non esattamente “irresistibili”, determinate spesso da un netto calo fisico dovuto ad una preparazione non adeguata.
Il baratro prima dell’incontro con Tyson
L’incontro venne fissato per l’11 febbraio del 1990, a Tokyo.
Se possiamo dire che Iron Mike non sarebbe potuto salire sul ring senza pensieri, allora dobbiamo dire che per Buster Douglas la situazione personale era ancor più complicata di quella del campione in carica.
Nel 1989, la moglie di Douglas, decise di mettere fine alla loro relazione. Nello stesso anno, la madre del pugile si ammalò gravemente, venendo a mancare appena pochi giorni prima dell’incontro.
La vita di James sembra andare a rotoli!
In quel momento, toccando il baratro, Buster trovò conforto nella fede e decide di convertirsi al cristianesimo.
L’incontro
Tokyo, 9 di mattina, ora locale. Il match venne sostenuto in questo insolito orario, per garantire la visione in diretta negli Stati Uniti, ad un orario accessibile a molti dei cittadini degli USA.
Subito dai primi scambi dei 2 pugili, fu chiaro che qualcosa non andava in Tyson.
Come scrisse nella propria biografia “True” :”Sul ring non salì il Mike Tyson di sempre. Risultò ovvio a chiunque mi stesse guardando che non volevo trovarmi lì. L’incontro cominciò già male. Volevo colpire fortissimo, sapendo che, per quanto grosso fosse il mio avversario, se l’avessi preso bene non si sarebbe rialzato. Ma non riuscivo a piazzare un colpo.”
Con lo scorrere delle riprese, fu evidente che Douglas era molto più fluido e agile rispetto al campione. A furia di jab, Buster riuscì ad aprire una ferita all’occhio sinistro di Tyson e a prendere il completo controllo del match.
All’ottavo round, lo sfidante al titolo, sempre più sicuro di se stesso e dei propri mezzi, dominò interamente la ripresa, intrappolando Iron Mike alle corde.
10 secondi alla fine della ripresa, Tyson si sentì come mai prima di allora nella propria carriera! Non era mai stato “cacciato” da nessuno.
Il predatore diventò preda!
Se per qualche strana ragione Douglas, in quel momento, si sentì ad un passo dalla vittoria, non ci fu pensiero più illusorio nella storia del pugilato. Con incredibile potenza e velocità, Mike Tyson, sferrò un montante al mento del proprio sfidante e “spense la luce” a quest’ultimo.
Iniziò il conteggio dei 10 secondi.
Al nono secondo di un conteggio a detta di molti troppo lento, Douglas tornò in piedi e venne salvato dalla campanella che annunciò la fine dell’ottava ripresa.
Nona ripresa. Tyson fece appello alla forza della disperazione e tentò in tutti i modi di mettere fine al combattimento: niente da fare, Douglas riuscì a contenere il campione in carica ed a gestire alla perfezione quella ripresa.
Mancavano pochi secondi alla fine quel nono round, quando Buster mise a segno una combinazione di 4 colpi!
Il campione fu nuovamente alle corde e lo sfidante fu in procinto per mettere la parola fine al combattimento.
Douglas tentò un colpo decisivo ma la campanella decretò la fine della ripresa e per questa volta fu Iron Mike ad essere salvato dalla disfatta.
Nel decimo round, Buster Douglas mise a segno un montante di indicibile potenza alla testa del campione: fu l’inizio della fine.
Una combinazione di 4 colpi successivi, portarono direttamente al tappeto Tyson: il mondo fu sotto shock! Per la prima volta Tyson fu messo al tappeto.
Stordito, stanco e disorientato Tyson provò disperatamente a recuperare il proprio paradenti ed a rimettersi in piedi.
Il tempo fu tiranno.
Scaddero i 10 secondi.
Mike Tyson, contro qualsiasi previsione, perse il primo incontro nella propria carriera ed il titolo di campione dei pesi massimi.
Il volo di Icaro
Come per Icaro, personaggio della mitologia Greca, anche per Tyson le conseguenza di volersi spingere troppo oltre furono pesanti.
Il successo aveva alterato la mente dell’ex campione, come egli stesso descrisse nella propria biografia: “Non agivo secondo una logica normale. Pensavo di essere un campione barbaro. «Se non ti piace quello che dico, ti distruggerò, ti straccerò l’anima». Ero Clodoveo, ero Carlo Magno, ero un incredibile figlio di puttana”.
Nell’autunno del 1991, Tyson avrebbe dovuto sfidare Holyfield ma tutto venne messo in standby a causa del processo per abusi sessuali su Desiree Washington (reginetta di bellezza), che vide Iron Mike protagonista di una delle pagine più cupe della propria vita.
Nel 1992, venne condannato con una pena di 10 anni di reclusione, per poi essere rilasciato nel 1995 per buona condotta. Tornò sul ring a 29 anni. Dopo un paio di incontri, sfido finalmente Holyfield.
All’undicesima ripresa di quell’incontro, Tyson fu battuto per ko.
Fu l’inizio di una parabola discendente per l’ormai ex campione dei pesi massimi.Nel 28 giugno del 1997, si effettuò la rivincita con Holyfield e questo incontro passò alla storia. Tyson venne squalificato per aver morso a sangue l’orecchio del proprio sfidante!
Non fu più lo stesso.
Combatté sporadicamente fino al 2005, anno in cui deciso di ritirarsi all’età di 39 anni.
La fenice
Per un lungo periodo, si continuò a vociferare sulla possibile data per un incontro di rivincita tra Tyson e Buster Douglas. Era quello che tutti gli appassionati volevano, era quello che tutti aspettavano.
Gli anni passarono e con le vicissitudini personali dei due pugili, quell’incontro non vide mai una data.
Una volta che si raggiunge un traguardo tanto grande come l’essere il campione mondiale dei pesi massimi, arrivano glorie e doveri da rispettare. Il primo dovere di Buster come neo campione, fu quello di affrontare Evander Holyfield.
Douglas arrivò all’incontro con una preparazione fisica pressoché inesistente: era visibilmente fuori forma e sovrappeso. Terzo round: Holyfield chiuse le danze senza troppo impegno; Buster Douglas perse alla prima difesa del titolo e si ritirò.
Se Buster avesse scommesso sul fatto che non avrebbe potuto conoscere un periodo più duro di quello vissuto prima dell’incontro con Iron Mike, nel 1994, avrebbe perso quella scommessa. Finì in coma per tre giorni a causa del proprio diabete: avevo quasi toccato i 200 kg tra eccessi ripetuti con cibo ed alcol.
Quando si diventa campioni, in qualsiasi disciplina, spesso non lo si diventa perchè si è i migliori; spesso si raggiunge quel traguardo così importante tramite la propria forza di volontà.
E’ come una fiamma che brucia dentro determinate persone e che non gli permette di trovare la pace interiore se smettono di lottare per ciò in cui credono: è la fiamma del campione.
Ancora una volta, Douglas sentì bruciare dentro di sé quella fiamma e decise che l’ora di risalire le scale della disperazione era giunta.
Contro ogni pronostico tornò a lottare nel 1996, continuando a seguire la propria passione. Sconfisse persino alcuni pugili quotati dell’epoca e continuò la propria carriera fino al 1999, quando decise di porre fine alla propria “corsa” nel pugilato professionistico.
Si ritirò sì, ma lo fece alla propria maniera, risorgendo dalla proprie ceneri e scioccando il mondo ancora una volta, come quando nel lontano 1990 mise al tappeto l’uomo più cattivo del pianeta e si coronò leggenda nella nobile arte del pugilato.
Pura emozione sportiva.